Vedo le persone come alberi che camminano!
D Heaven Di Domenico Sigalini Vedo le persone come alberi che camminano! (Mc 8, 22-26) Siamo nel viaggio travolgente di Gesù sulle ...
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D Heaven
Di Domenico SigaliniVedo le persone come alberi che camminano! (Mc 8, 22-26)
Siamo nel viaggio travolgente di Gesù sulle rive del lago di Galilea, dopo aver lasciato il Libano. Il rituale è ancora uguale. Prende un uomo privato di una facoltà fondamentale per stabilire relazioni, per orientarsi e soprattutto essere indipendente. Ieri aveva preso un sordo muto, gli aveva posto saliva sulla lingua e gli aveva dato il dono della parola; oggi prende per mano un cieco, lo conduce fuori dal paese, e gli ridona la vista.
È troppo ritualizzato il gesto per essere un puro guarire da una menomazione. Se ogni miracolo di Gesù è un segno, questo lo è ancora di più. Gesù è straordinario: fa udire i sordi, fa parlare i muti, dona la vista ai ciechi perché Lui è la Parola, lui è la luce.
È la Parola che guida e Gesù ha toccato quella lingua con la sua saliva, perché quella lingua produce parole di conforto di solidarietà, di bontà; di lode a Dio e non di maledizione per gli uomini. La parola è dono di Dio, deve sempre essere consolazione e forza per i fratelli.
Quante persone s’aspettano dai cristiani una parola severa, ma di aiuto, non di condanna; di compagnia e non di disprezzo; di guida e non di adattamento. La Parola di Dio è acqua buona e non amara per la sete di santità della gente.
È anche e soprattutto luce. È luce donata per vedere in profondità, per non scambiare gli uomini per alberi che camminano. Questo sciogliersi della nebbia nella visione del cieco di Betsaida ci richiama le nostre cecità di fronte alla vita; cecità che solo Gesù luce può sconfiggere.
Vediamo spesso le persone come se fossero cose; i giovani come se fossero solo complementi di una struttura, oggetti di una organizzazione; i bambini come numeri; gli adulti come comodi tappetini su cui passare; gli anziani come inutili e ingombranti.
Le persone non sono piante che camminano, ma sacerdoti, re e profeti chiamati a fare della propria vita un canto di gloria a Dio, un prodigio di bontà.
Finché vediamo gli uomini come piante che camminano, la luce di Gesù non abita ancora nella nostra vita. Il miracolo è incompleto, abbiamo sciupato il gesto di Gesù e dobbiamo tornare ogni giorno a pregarlo perché ci rimetta le mani sugli occhi e possiamo vedere bene ogni cosa. E perché i criteri del nostro parlare e del nostro vedere siano i suoi, dobbiamo fissare sempre di nuovo lo sguardo su di lui. Tenere fisso lo sguardo su Gesù non è un programma passato o consumato, ma è la dimensione costante del nostro essere cristiani, magari di periferia.