Cosa c'è dietro ai muri
arte di Francesca Binfarè Alla scoperta di The Wall - Exhibition. History, Art, Multimedia Cosa c'è dietro ai muri ...
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arte
di Francesca Binfarè
Alla scoperta di The Wall -
Exhibition.
History, Art, Multimedia
Cosa c'è
dietro ai muri
La
mostra a Bologna racconta il muro nei suoi significati fisici e psicologici, di
divisione e di aggregazione, e anche di ricordo: non è forse a una parete che
appendiamo le foto?
Il muro: è questo il tema dell’esposizione The Wall - Exhibition.
History, Art, Multimedia aperta a Bologna a Palazzo Belloni fino al 6
maggio. Ma, un momento: davvero conosciamo un solo tipo di muro? Oppure
ce ne sono tanti, diversi, non solo fisici, con cui veniamo in contatto ogni
giorno? Ecco, il punto focale della mostra è proprio questo: i muri che
popolano le nostre esistenze.
Un percorso sensoriale e creativo
Un palazzo storico per una concezione di mostra innovativa, che
accompagna alla scoperta di un oggetto “quotidiano”: il muro che fa ombra, il
muro come “tela” per la street art, il muro di Berlino, ma anche il muro come
tema di attualità e cronaca. A volte, talmente “normale” da passare
inosservato.
La mostra propone un percorso sensoriale e creativo, culturale ed
emotivo, che trasforma arte e multimedialità in un’esperienza da vivere in
prima persona. L’itinerario è stato realizzato con installazioni interattive
pensate e create appositamente per l’esposizione; parallelamente corrono un
racconto storico, riferimenti letterari, video, canzoni e opere d’arte di
Giovanni Battista Piranesi, Arnaldo Pomodoro, Giuseppe Uncini, Matteo Pugliese,
Mimmo Rotella, Lucio Fontana, Hitomi Sato, Pink Floyd, Christo.
The Wall ricorda ai visitatori che il muro
è anche un oggetto culturale dai molteplici significati. Il viaggio della
mostra accompagna attraverso muri psicologici, espressivi, politici, sociali,
funzionali e della memoria. Ricordandoci che
il muro è quello pieno di graffiti, la parete dove appendiamo i nostri ricordi,
una superficie da superare, una tela tagliata di Fontana che spalanca squarci
reali e immaginari. E ancora, il muro ci difende ma ci separa; ci protegge, ma
lo vorremmo scavalcare; unisce dividendo. Infine, un muro non ha mai un solo
lato.
Visitare The Wall - Exhibition. History, Art, Multimedia significa
entrare nel mondo dei muri, se si può dire così. All’ingresso della mostra
viene consegnata una mappa concettuale che si legge interagendo con le
“light box” presenti in ogni sala: in questo modo, la curiosità diventa motore
dell’azione.
Davanti ai muri
Davvero avete sempre ragionato e preso in considerazione tutte le possibili
declinazioni della parola muro? Sono tantissime, e la mostra The Wall
ce le mette tutte davanti agli occhi.
Si affronta il tema del muro psicologico, che dà protezione,
sicurezza e senso di identità, ma che crea anche un isolamento che produce
emarginazione e solitudine. Il muro pubblico è quello delle facciate e
dei monumenti, degli status esibiti: il muro è anche la bacheca di un social
network, cosa c’è di più pubblico seppur virtuale?
Il muro è funzionale perché delimita lo spazio tra le stanze di
una casa, perché viene usato come muro di cinta o perché crea una prigione. Il
muro sociale separa chi è incluso da chi non lo è, mentre il muro che è memoria
è fatto per durare, come le lapidi, i cippi, i memoriali e i monumenti che ci
interpellano sui temi del tempo e della permanenza di ciò che siamo stati e che
vorremmo essere. È anche espressivo, visto che sui muri si è sempre
scritto e disegnato. Il muro politico è una barriera di separazione che
evoca sicurezza oppure segregazione, divisione, privacy.
Fin dall’ingresso della mostra bisogna essere disponibili
a esplorare. Si attraversa un “varco nel tempo”, partendo dalle pitture
rupestri di 40.000 anni fa e arrivando a oggi. Ci sono tre videoproiezioni interattive, che si attivano con il
movimento, e alcuni esempi emblematici di muro, da scoprire e da creare. Nella
seconda sala bisogna decodificare citazioni e graffiti, dalla Bibbia a
Calvino; la terza sala concentra al suo interno molte opere d’arte e
riferimenti culturali.

Tra Pink Floyd e videomapping
Nella sala 5 i vari muri si propongono in rapida sequenza, mentre nella
sala successiva ci si diverte: grazie a un gioco di luci mobili i muri parlano
con i visitatori e li invitano a partecipare esprimendo liberamente la loro
espressività.
La sala 8 tratta il tema dell’accessibilità e del suo contrario: uno
spazio delimitato da un muro con una porta chiusa consente l’accesso solo ad
alcuni visitatori, in base ad un algoritmo che rende l’ingresso del tutto
casuale. Il pubblico viene diviso arbitrariamente e sperimenta il dubbio,
l’attesa, la precarietà e la frustrazione dell’esclusione, ma anche la
socialità ed eventualmente la solidarietà spontanea dei suoi simili.
Il percorso continua poi con un muro incombente, apparentemente
grezzo e vuoto. Basta però girarci attorno per scoprire come su ogni mattone ci
siano testi, immagini e informazioni: ma i mattoni di cartone sono incastrati
nel muro, per poterli leggere devono essere liberati.

Il giovane artista giapponese Hitomi Sato ha realizzato un’installazione
interattiva chiamata Sense of Field: è un’opera interamente
analogica, che sfrutta le caratteristiche riflettenti dei materiali di cui è
fatta. Si attraversa e si tocca un corridoio ondeggiante, che sembra una parete
composta di luce.
Dopo di che, è il momento dell’ultima sala: qui un’opera dello scultore
Matteo Pugliese viene presentata su una parete manipolata con la tecnica del videomapping.
Figure umane entrano ed escono dalla parete, sottolineando la tridimensionalità
del muro che attraversano.
La mostra si chiude con un punto di domanda:
quelle sculture, quegli uomini, stanno uscendo dal muro? Vi stanno rientrando?
Sono rimasti incastrati? Ai visitatori riflessioni e risposte. <
A proposito di muri segnalo che nella mostra “ArteAmare” al Castello di San Terenzo di Lerici daremo vita a un’opera co-realizzata con i visitatori. Un muro che non separa ma unisce persone e ambiente.
RispondiEliminaIl Castello ha origini che si rifanno agli anni del rinascimento (1400 D.C.) ed è stato probabilmente costruito con partecipazione di tutta popolazione per protezione del paese dagli assalti dei pirati saraceni.
Ogni visitatore troverà nel Castello un fondale dove farsi fotografare con il volto inserito in una feritoia delle mura. Ogni foto rappresenterà un “mattone” del nuovo muro.
Le fotografie inviate su Facebook o Instagram con l’hashtag #arteamare saranno ricomposte da Paolo Grassi alla fine della mostra per dare origine a un’opera collettiva denominata The Castle Wall.
Questo tema si inserisce nel progetto “Generation af the city” sviluppato recentemente da Paolo Grassi e visibile nella mostra di Lerici, dove con una sovrapposizione di immagini l’artista mette in relazione gli elementi architettonici della città con le persone che l’hanno generata e che la modificano in continuazione.
Così come le mura rinascimentali del castello proteggevano dall’assalto dei pirati il muro “virtuale”, opera d’arte collettiva, conterrà al proprio interno l’immagine e lo spirito delle persone che contribuiranno all’opera, sarà quindi un intervento di rinnovamento con al centro l’uomo, un intervento di “decostruzione rinascimentale”.
Se le mura nelle città rinascimentali dovevano servire a creare la perfetta sintesi fra la natura, l’uomo e la storia il nuovo muro virtuale dovrà servire a unire le persone e a ristabilire una corretta relazione fra l’uomo e l’ambiente naturale. Forse una nuova utopia, come utopici erano i progetti delle città rinascimentali.
Per ogni ulteriore informazione visitare i siti www.lephotoart.com e www.arteamare.it