Anche la Bibbia è verde
PERSONE di Irene Famà Linea diretta con lo scrittore Roberto Cavallo Anche la Bibbia è verde Nelle pagine dell’Antico Testamen...
https://www.dimensioni.org/2019/03/anche-la-bibbia-e-verde.html
PERSONE
di
Irene Famà
Linea diretta con lo
scrittore Roberto Cavallo
Anche la Bibbia è verde
Nelle pagine dell’Antico Testamento ci sono già tutte le indicazioni per
prendersi cura della nostra casa comune. Come ci racconta l’autore nel suo
libro.
Salvare
il pianeta? Un’impresa difficile. I cambiamenti climatici, l’inquinamento, le
montagne di rifiuti, la cultura dello scarto, la perdita della biodiversità, lo
sfruttamento del suolo sono solo alcuni dei problemi da risolvere. Come trovare una soluzione?
Per
Roberto Cavallo, ex assessore all’ambiente del comune di Alba (Piemonte),
fondatore di “Erica”, azienda leader nella consulenza tecnica e comunicazione
ambientale per le amministrazioni pubbliche, scrittore, divulgatore scientifico
e imprenditore, la risposta è nell’Antico Testamento. La Bibbia dell’ecologia è
il suo nuovo libro, pubblicato da Elledici: 328 pagine con consigli pratici per
prendersi cura, ogni giorno, della Terra.
L’intervista
La Bibbia ha la ricetta per salvare il pianeta?
Proprio
così. E non è una questione di fede. Mi rendo conto che la mia può sembrare un’affermazione
un po’ “eretica”. Ma, se proviamo a rileggere l’Antico Testamento come se fosse
un libro di storia, ci accorgiamo che lancia un messaggio di equilibrio tra l’uomo
e la natura, tra l’uomo e tutto ciò che ha intorno.
Un
messaggio che emerge sin dai primi versetti: “In principio Dio creò il cielo e
la terra” (Gn 1,1). Oppure: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino
di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gn 2,15). E ancora: “Sono un
popolo insensato e in essi non c’è intelligenza: se fossero saggi, capirebbero,
rifletterebbero sulla loro fine” (Dt 32,28-29).
Con
uno sguardo all’ambiente, poi, si possono rileggere i versetti sulla
distruzione di Sodoma e Gomorra oppure quelli dedicati ad Abramo. In sintesi:
Dio ci ha donato una casa speciale e tutte le indicazioni per viverci al meglio
sono nella sua Parola.
Proviamo a fare esempi concreti?
Nel
libro di Giobbe ci sono versetti particolarmente significativi: “Forano pozzi
lungi dall’abitato coloro che perdono l’uso dei piedi: pendono sospesi lontano
dalla gente e vacillano. Una terra, da cui si trae pane, di sotto è sconvolta
come dal fuoco” (Gb 28, 1 - 6).
In
sintesi: gli uomini cercano l’oro e l’argento sino alle più lontane profondità
della terra, scavano gallerie e non si curano di ciò che hanno intorno. Parole
che ci fanno pensare alla speculazione edilizia, alla questione dell’accesso
alle risorse, al petrolio. È già scritto lì, è già tutto detto.
I
miei nonni erano contadini, mio padre insegnante di scienze naturali alla
scuola enologica di Alba. È un interesse di famiglia. Io, sin da piccolo,
andavo per fossili e piante. Poi ho frequentato la scuola enologica e ho
studiato per diventare agronomo.
Intorno
ai 23 anni mi sono trovato diviso tra due mondi: quello ambientalista e quello
cattolico. I primi accusavano i secondi di pensare solo agli uomini e non alla
natura, i secondi accusavano i primi di badare solo alla natura e non
accorgersi che l’uomo ne è parte integrante. Per me, ambientalista e cattolico,
era un conflitto interiore.
Poi,
per caso, ho aperto la Bibbia e ho capito. Il mio libro nasce lì, più di venticinque
anni fa. Ricordo un versetto che mi aveva colpito, nel libro del Qoèlet. “C’è
un tempo per demolire e un tempo per costruire” (Qo 3, 3): ora noi dobbiamo
costruire.
Cos’è cambiato da quegli anni?
Ora
c’è sicuramente più consapevolezza e più informazione. All’epoca, di certe cose
non si parlava moltissimo, se si pensa che i “potenti della Terra” si sono
trovati per la prima volta a discutere di ambiente nel 1992 a Rio de Janeiro,
in Brasile. Però, oggi come allora, i “potenti” continuano a rispondere a
interessi economici, a non capire che non pensare alla tutela del pianeta va a
loro discapito.
Da
qualche parte ho letto un’affermazione del presidente degli Stati Uniti Donald
Trump che suonava più o meno così: «A me dei cambiamenti climatici non importa
nulla». Molti potenti la pensano come lui, perché rispondono alle grande lobby
del carbone, del petrolio, del gas che hanno finanziato la loro campagna
elettorale. E non si accorgono che, ad esempio, anche le energie rinnovabili
possono essere fonti di guadagno.
Eppure all’ambiente, nel 2015, papa Francesco
ha anche dedicato un’intera enciclica. Un importante passo in avanti?
Un
grande cambiamento direi. Il messaggio della Laudato si’ è chiaro: se non siamo in grado di portare l’ambiente
al centro del nostro interesse, rischiamo di soccombere. Il papa parla di un
pianeta maltrattato e saccheggiato, dove le diseguaglianze sono sempre più
evidenti, e invita l’intera comunità alla ricerca di uno sviluppo sostenibile.
L’ambiente,
infatti, è una scommessa anche ecumenica: al di là della fede e del credo di
ciascuno, dei soldi e degli interessi finanziari, delle tradizioni e delle
culture, abitiamo tutti nella stessa casa comune che è la Terra.
È questo che spiega ai suoi figli?
Io
ho provato ad educarli all’attenzione per l’ambiente, ma ora sono loro che
spiegano a me. Non so quanto consapevolmente, ma i giovani sono attenti a questi
temi. Senza saperlo, si impegnano per la sostenibilità ambientale. I miei
ragazzi, un maschio e una femmina di 20 e 15 anni, ad esempio, fanno la
raccolta differenziata senza pensarci. Come i loro amici.
Dopo i problemi, quindi, con i giovani nasce la
speranza?
La
speranza arriva prima. Come scrivo nell’ultimo capitolo, arriva da ciascuno di
noi. La ricetta che mi sento di dare è proprio di partire da noi stessi: noi,
come singoli, possiamo essere parte del cambiamento.
Spesso,
quando le cose non vanno, si cerca un colpevole e si punta il dito contro l’industria,
il governo, il comune. Invece bisogna partire da noi, dai piccoli gesti
quotidiani: dal buttare la spazzatura negli appositi contenitori a chiudere l’acqua
quando non la si usa, dal salire in sella alla bicicletta al prendere il
pullman. Non per nulla, il libro si conclude con alcuni decaloghi.
Un esempio?
Per
salvaguardare la biodiversità basterebbe visitare i parchi della propria
regione, imparare a riconoscere le piante intorno a noi, piantare fiori sui
terrazzi. Un po’ come si faceva alle elementari, quando le maestre ci portavano
a raccogliere le foglie. Quello che voglio dire è che ognuno di noi è parte di
una comunità che deve conoscere, frequentare, partecipare. Criticare e basta è
troppo facile.
Nel libro chiede di fare alcune proposte al
sindaco. Lei, al suo sindaco, quello di Alba, quale farebbe?
Gli
chiederei un piano regolatore dei servizi. Gli chiederei di studiare i tempi
della nostra città, le abitudini dei cittadini e pensare a mezzi pubblici e a
piste ciclabili fatte bene. Magari di poter preparare insieme un progetto.
Anche questo sarebbe un passo per l’ambiente.
A La Bibbia dell’ecologia ha lavorato
venticinque anni. Ha già un altro libro in programma?
Per
adesso mi godo questo. Di libri iniziati ne ho molti, ma per ora rimangono nel
cassetto. Mi piace pensare di avere “la funzione di un caffè”, di risvegliare
temi che stavano dormendo dentro di noi.
Quando
vado alle presentazioni de La Bibbia dell’ecologia
parlo per un quarto d’ora, venti minuti al massimo, poi inizia il dibattito.
Preferisco lasciare ampio spazio alle domande, alle proposte, alle osservazioni
di chi partecipa all’incontro. E così torno a casa carico di energia, ricco di
informazioni, soddisfatto per il confronto. E spero che sia lo stesso anche per
chi viene a sentirmi. Un modo, anche questo, per pensare al pianeta e capire
come salvarlo.