Dio? Anche no, grazie!

DOSSIER di Mark Steiner   Dio? Anche no, grazie! C’è o non c’è? E a cosa serve? «Dio? No, grazie. Sono moderna. Ne faccio ...


DOSSIER
di Mark Steiner
 
Dio? Anche no, grazie!

C’è o non c’è? E a cosa serve?


«Dio? No, grazie. Sono moderna. Ne faccio a meno». Lucrezia, 23 anni. Come lei, tantissimi. Su 100 ragazzi, solo per 7 Dio è importante. Vettel, Ronaldo, Fedez, dicono di più. Dio è il Grande sconosciuto. Solo 15 anni fa, attirava le simpatie di almeno 25 giovani su cento. Oggi, prima di tutto, soprattutto e al di là di tutto, conta una cosa sola: il successo (indagine Demos Coop 2017).
Gli under 30, sono la generazione più laica che l’Italia abbia mai avuto. I giovani di oggi non vivono contro Dio, ne fanno a meno. E non gli dispiace. Altre indagini sembrano più consolatorie. Secondo la rilevazione Ipsos i ragazzi che si definiscono atei sarebbero il 28% (erano il 23% nel 2007) e il numero dei “credenti convinti e attivi” viaggerebbe su un risicato 10,5. Ma sono dati di 4 anni fa. Di fatto confermano la caduta libera di Dio nella hit parade della simpatia.
Questi dati ci mettono dinanzi a uno scenario completamente diverso da quello degli anni ’80, quando molti degli attuali preti si sono formati.

Dio nella rete
Anche se Dio non è poi così importante, rimane per lo meno interessante per il 36% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni. Però senza reali motivi spirituali. Gli indifferenti sono più al Nord Italia, hanno un’istruzione elevata, appartengono a famiglie della media borghesia e si destreggiano in un mondo ad alto livello di competizione. Ecco perché il successo è più importante di Dio.
Questi dati annunciano una fine, ma non il completo declino dell’esperienza religiosa. Il web sostituisce le riunioni dell’oratorio, ed è proprio nella rete che Dio non è morto. È facile incontrare giovani che vivono una fede solitaria, individuale e anonima; giovani che non comprendono i linguaggi della Chiesa, li ritengono teorici, idealisti e passati di moda.
Ci s’imbatte in un atteggiamento di diffidenza da parte dei giovani nei confronti della Chiesa eppure chiedono, alle volte anche col silenzio, attenzione e vicinanza.

Dio: una realtà universale
Certo è che questo declino del sacro è nuovo nella storia. L’uomo ha sempre creduto in una forza superiore che lo avrebbe ricompensato delle sue azioni. Si pensi alla civiltà dell’antico Egitto che si basava sul destino dell’uomo dopo la morte o alla poderosa cultura cinese che ha come perno sociale il culto degli antenati.
Con sfumature diverse (Ade per i Greci, Valhalla per i Vichinghi – con tanto di nave e birra funebre – fino allo Zoroastrismo che influenzerà la visione ebraica, con l’idea di Paradiso, Inferno e Giudizio Universale), la fede in un Dio (o dèi) remuneratore, nel panorama delle civiltà non è mai stata assente. Lo stesso induismo che parla di reincarnazione, necessita delle categorie di giudizio e di giudice.
Sembra che sia l’avanzare del benessere materiale e della scienza ad aver spazzato via Dio. Considerandolo un’ipotesi inutile. Ma attenzione, è solo un’impressione. Perché certe idee ci sono sempre state.

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La Messa è finita
Se agli inizi del 2000 ancora l’80% dei giovani si dichiarava cattolico, oggi andare in chiesa non è più un’abitudine: nel 2013 il 20% ci andava una volta alla settimana, ma nel 2016 la percentuale è calata al 14%.
Sempre meno propensi a partecipare a veglie, Messe ed eventi istituzionali, i ragazzi aderiscono più volentieri a pellegrinaggi (passati dal 9,7 all’11,6%), processioni (dal 26 al 29,3%), cammini (il 40% delle persone sul cammino di Santiago ha meno di 35 anni), campeggi in comunità (fino a 5.000 persone vanno a Taizé).

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L’ateismo non è moderno
L’ateo (= senza Dio) più antico del mondo pare essere stato Diagora di Milo (465-410 a. C.). Del suo pensiero non si sa molto, ma sembra amasse ripetere che Dio non poteva esistere poiché nel mondo ci sono troppi atti di violenza e ingiustizie. Da questa posizione morale, si passa a quella politica di Crizia (460-403 a. C.). Per lui, la paura del divino è il vero fondamento del potere politico: l’uomo ha inventato gli dèi per far nascere la civiltà.
Dio è stato inventato dai governanti affinché gli uomini smettessero di infrangere le leggi, convincendoli dell’esistenza di una forza soprannaturale in grado di osservarli e giudicarli.
Per Evemero da Messina (330-250 a. C.), la nascita dell’idea di Dio avrebbe un valore sociale: alcuni personaggi storici, potenti, fondatori di regni e città hanno avuto una progressiva divinizzazione. Ma la posizione più radicale è quella di Lucrezio (98-53 a. C.), il quale affermava già che il mondo si è fatto da sé, anticipando quella di alcuni scienziati di oggi.

Un prete che non ci crede
Jean Meslier (1664-1729) è parroco di due piccoli paesini delle Ardenne. Animo sensibile, primo convinto animalista, non sopporta i soprusi e le ingiustizie. Un giorno, dopo aver litigato con il signorotto locale, cade in profonda depressione, e si lascia letteralmente morire di inedia, rifiutando il cibo.
Poco prima di morire, ai suoi parrocchiani che ha sinceramente amato, scrive un lungo testamento. Il testo è esplosivo. Viene letto da Voltaire che, per paura di idee tanto rivoluzionarie, lo censura e ne pubblica solo una parte (la versione definitiva vedrà la luce nel 1864). Il testo precede di cinquant’anni la Rivoluzione francese e di 120 anni il comunismo eppure esorta il popolo a ribellarsi violentemente ai nobili per l’avvento di una società libera, giusta e fraterna. Dove non vi siano povertà e soprusi.
Per fare questo occorre abbattere la religione perché essa è utilizzata per tenere il popolo sottomesso. È lei che origina la paura e i tiranni se ne servono. Idealizzando la sofferenza, la povertà e il dolore e condannando il piacere, la religione disarma gli uomini e li lascia alla mercé dei soprusi del potere.
Monarchi, nobili e sacerdoti sono parassiti che il popolo deve abbattere per riappropriarsi della terra, dato che in natura tutti gli uomini sono uguali ed a loro appartengono i beni e la terra che lavorano.
Meslier anticipa Karl Marx (1818-1883) e pensa che tutto quanto avviene nella storia non può né deve essere attribuito a Dio, in quanto solo la natura, eterna e già di per sé perfettamente regolata, basta a spiegare i mutamenti storici.
Anche la fede cristiana è messa in dubbio. La Bibbia è storica? E i Vangeli? Testi pieni di incoerenze. Forse la divinità e l’anima sono invenzioni umane. Secondo Michel Onfray, Meslier è il primo filosofo ateo della storia perché confuta l’esistenza di qualsiasi essere trascendente.
Secondo Onfray, dunque, è solo con Meslier che si può parlare di ateismo filosofico. Ma come mai Meslier aveva così a cuore la giustizia? Perché il potere deve essere controllato? Quale principio morale non può essere messo in discussione e perché?

L’uomo è solo materia?
Passiamo al barone d’Holbach. Provato dalla morte atroce della moglie, (1723-1789), matura una visione totalmente materialistica. Per lui, uno dei padri dell’Illuminismo, l’uomo è solo un essere fisico. Il mondo è eterno, si è autoformato, è fatto dal movimento e dalla materia ed è governato da un rigido meccanicismo.
Come conseguenza, l’uomo cerca solo ciò che ritiene utile al proprio benessere, secondo una specie di “gravitazione dell’individuo su se stesso” e la sua libertà è una pura illusione. Il libero arbitrio non esiste; l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima sono sciocche superstizioni, mantenute in vita dagli interessi del clero.
D’Holbach è convinto che l’assolutismo politico e l’oppressione clericale si sostengano a vicenda e debbano essere combattuti. L’ateismo è necessario se si vuole essere realmente virtuosi perché solo conoscendo le leggi della natura si assecondano i propri impulsi verso la felicità.
La ricerca del piacere non si deve condannare, purché l’interesse singolo non contraddica quello collettivo. Ma come decidere cosa è virtuoso? Come impedire lo spostamento dalla violenza istituzionalizzata a quella personale? E poi… perché farlo?
  


L’uomo ha creato Dio?
In Essenza del cristianesimo (1841), Ludwig Feuerbach afferma che davanti alle difficoltà della vita, l’uomo proietta i suoi desideri, aggrappandosi a Qualcuno di più forte di lui. Non è quindi Dio che ha creato l’uomo, ma l’uomo che crea l’idea di Dio, a propria immagine e somiglianza attraverso l’assolutizzazione dell’umano.
In Dio e nei suoi attributi l’uomo può quindi scorgere i suoi bisogni e i suoi desideri e ri-conoscerli. Per Feuerbach «la religione è la prima, ma indiretta coscienza che l’uomo ha di sé». La colpa del cristianesimo è stata l’aver condotto all’ascetismo, alla fuga dal mondo, al sacrificio, alla rinuncia e alla spogliazione delle qualità umane a favore di Dio. L’uomo deve perseguire la bontà, la saggezza e la giustizia perché sono prerogative dell’essenza umana. La natura diventa così la base reale della vita dell’uomo.
Feuerbach, come Freud, però non prova la non esistenza di Dio. Mette solo in evidenza un processo psicologico con il quale l’uomo proietta su “dio” un suo bisogno e non affronta la questione dell’esistenza di Dio. Dio potrebbe infatti essere riconosciuto tramite questa proiezione delle più alte aspirazioni umane, così come potrebbe invece trattarsi di un’illusione umana. Feuerbach non dice cos’è la natura e non tiene conto che culture diverse proiettano valori diversi.

Andare oltre Dio
Nel mondo Occidentale, il filosofo Friedrich Nietzsche (1844-1900) è stato un riferimento obbligato per oltre un secolo. Il suo pensiero è interpretato in modi diversi, poiché i suoi testi sono quasi degli aforismi. Secondo lui, la società è malata perché gli uomini accettano passivamente le menzogne che impediscono di rivelare la sua parte gioiosa e dionisiaca e non consentono la nascita del superuomo. Tra le illusioni c’è quella di Dio.
Oggi però Dio non è più necessario per spiegare il mondo e capire la vita; è una parola vuota che esprime una realtà illusoria. In tal senso si può dire che “Dio è morto”. Occorre superare la società basata su questo inutile concetto per giungere al superuomo che è creatore e salvatore di se stesso, perché determina da sé il proprio mondo, i suoi valori e le sue regole.
Anche Nietzsche però non prova la non esistenza di Dio, constata solo un fatto sociale. L’idea di superuomo ha avuto però conseguenze disastrose per l’umanità. Mentre secondo alcuni studiosi, in fondo Nietzsche mantiene un’inconfessabile nostalgia di Dio.

Dio non è necessario?
In un articolo del 2010, Stephen Hawking, uno dei più grandi astrofisici, scrisse che Dio non può conciliarsi con la scienza e non è legato al nostro mondo. Nella sua ultima opera, The Grand Design, scritto insieme al fisico Leonard Mlodinow, spiega l’origine dell’Universo, il quale “non è stato creato da Dio”, inoltre, religione e scienza non sono conciliabili, in quanto “c’è una fondamentale differenza tra la religione, che è basata sull’autorità, e la scienza, che è basata su osservazione e ragionamento. E la scienza vincerà, perché funziona”.
Dio non è necessario per spiegare l’universo, e siccome prima del Big Bang non esisteva il tempo, come non esiste dentro un buco nero, non sarebbe esistito nemmeno il tempo per creare l’universo, oltre al fatto che, a livello subatomico le particelle elementari quantistiche, come quella che ha dato origine all’universo, possono apparire e scomparire spontaneamente. Basta la legge di gravità a spiegare tutto.
Allo stesso tempo, però, Hawking non ha mai escluso la teoria del multiverso: la possibilità di più universi, ognuno con la sua relativa nascita e le sue leggi.
Resta da capire come possa esistere una legge di gravità senza corpi, così come non è concepibile una legge che preceda l’universo dato che lo presuppone. Hawking rispose a queste obiezioni dicendo che non c’è bisogno di un creatore per creare le leggi fisiche, in quanto semplicemente esse esistono intrinsecamente alla materia, sempre esistente sotto qualche forma oppure apparsa dal nulla. E non esistendo il tempo si può dire che essa deriva da un istante senza tempo, un eterno presente.
Hawking, di fatto, presuppone l’esistenza della materia come un dato assoluto e indimostrabile e anche se si rifà alla teoria quantistica non spiega come mai ci sia il passaggio dall’apparire al non apparire delle particelle, le quali si costituiscono poi in corpi complessi; ma è proprio questo uno dei problemi più grandi che la scienza non riesce a spiegare, pur accogliendo la compresenza tanto della fisica quantistica quanto di quella classica.
Infine, Hawking cade in un grossolano errore filosofico quando afferma che le particelle quantistiche sono autoesistenti. Questa è solo un’opinione per nulla scientifica perché indimostrabile. In fondo, secondo Marco Bersanelli, docente di Astronomia e Astrofisica all’Università di Milano «Hawking, nel corso degli anni, ha variato la sua posizione in merito all’esistenza o meno di Dio».
In fondo, per svilupparsi ed evolvere, il mondo deve prima esistere e l’esistenza non è un dato intrinseco alla materia. «L’errore di Hawking come di altri scienziati deriva dal ridurre Dio a un mago munito di bacchetta magica che con un colpo dà il via all’universo. Il Mago mette in moto questo grande meccanismo che poi procede con le leggi fisiche».
«Hawking – continua Bersanelli – tende a individuare Dio con questa pura causa iniziale, e così facendo risulta poi facile mettere in crisi un tale Dio, che viene ridotto a qualcosa di ben diverso dal Dio della tradizione giudaico-cristiana. Dio non è un meccanico che costruisce una macchina e poi esce di scena. Dio è padre e un padre non lo è soltanto nel momento del concepimento. È un rapporto che si distende nel tempo. Hawking ha giocato molto su questa immagine. Ma il problema è domandarsi da dove proviene l’esserci delle cose, da dove viene questo istante, da dove viene il mio io. Questo è l’essere creati: io non mi faccio da me. Ogni cosa, se dotata di coscienza, dovrebbe domandarsi da dove proviene. La creazione – aggiunge Marco Bersanelli – non è relegata al Big Bang. La creazione avviene sempre, anche ora» (Il Foglio 14/3/18).

Un Dio sconvolgente
L’errore più grande che si possa fare quando si parla di Dio è identificare il Dio Cristiano con un’idea-Dio. Nella Bibbia non abbiamo a che fare con un concetto, ma con eventi e troviamo qualcosa di sorprendente. Non è più l’uomo che cerca Dio, ma è Dio che cerca l’uomo per offrirgli un’Alleanza.
Questa Alleanza va oltre ogni possibile aspettativa e conoscenza umana. Si pone al di là di tutto ciò che il cuore dell’uomo possa sperare. Anzi, è la Bibbia stessa che forgia le parole speranza e futuro. Così è, per esempio con Abramo, Isacco e Giacobbe, con tutti i profeti, fino a Gesù.  
Dio vuole che l’uomo diventi come Lui, partecipe della vita divina. Le promesse sono fatte in vista del momento in cui Dio diventa uomo affinché l’uomo diventi come Dio. La Risurrezione di Gesù, vero Dio e vero uomo, è la prova del dominio di Dio sulla materia e sulla morte, una signoria che si esercita nel pieno rispetto della storia (vedi ingiustizie) e della materia (dolore), la cui responsabilità è lasciata tutta all’uomo.
Dio non vuole umiliare la ragione umana, ma avverte che Lui e i suoi doni sono oltre ogni umana attesa e sono del tutto gratuiti, per la semplice ragione che Dio è l’Amore e l’amore non ha ragioni se l’amore stesso. È l’amore che ricorda all’uomo che la sola ragione non gli basta per vivere.
Quante persone intelligenti sono infelici? E quante persone dall’intelligenza modesta sono serene? L’uomo è un tutto e l’amore avvolge questo tutto e lo accoglie; e poiché chi ama è Dio, Dio vuole l’uomo in tutta la sua realtà: intelligenza, volontà, sentimenti, affetti, emozioni, corpo. Anche se riuscissimo a provare che Dio non esiste, dovremmo poi chiederci come mai esiste l’amore.

Io credo: che vuol dire?
L’atto di fede coinvolge tanto l’intelligenza quanto la volontà e poi il tutto della vita dell’uomo. Mentre una verità “scientifica” è solo una verità razionale che coinvolge l’intelligenza ma non il resto della vita e che, esaltata al di sopra di tutto, può provocare solo danni enormi come la storia ha dimostrato: violenze inaudite causate da “brillanti idee moderne”.
Questo tanto da parte politica, come il nazismo e il comunismo del Novecento, quanto religiosa come la Guerra dei Trent’anni (1618-1648), che rimane un esempio di crudeltà da cui l’Europa solo oggi riesce con fatica a risollevarsi. Non sono pochi, infatti, gli studiosi che fanno derivare gli eccessi dell’Illuminismo proprio come conseguenza degli orrori vissuti da questa guerra che ha dilaniato i popoli europei e ha contrapposto per secoli i cristiani.
Per troppo tempo si è dimenticato che il credo non è un insieme di verità astratte, per cui basta insegnare la dottrina e tutto si risolve. Così si creano solo delle squadre di calcio, dove l’importante è la “fede” sportiva e non lo stato di salute fisica o mentale dal tifoso. Per secoli si è cercato di applicare in modo rigorosamente consequenziale, come se si trattasse di verità geometriche, le verità di fede alla vita.
Ma il credo è sempre inserito dentro il credere, e il credere è sempre il credere di qualcuno, in carne e ossa, con la sua storia, le sue emozioni, le sue fatiche. Questo esige il coinvolgimento della vita in un preciso contesto geografico, storico e culturale.
Il grande san Tommaso d’Aquino diceva che l’atto del credere non finisce quando si finisce di dire la frase, ma termina nella sostanza della vita.

Ogni medaglia ha due facce
La fede si può paragonare a una medaglia. Con due facce. Da un lato, la fede è relazione con Dio. O meglio, è La relazione che Dio offre all’uomo. Nella Bibbia è sempre Dio che chiede qualcosa all’uomo solo dopo avergli promesso qualcosa di inaspettato e impensabile. Questa offerta non solo viene rinnovata ogni volta che l’uomo si allontana da Dio ma viene amplificata. C’è una gara di generosità fra l’offerta di Dio e la debolezza dell’uomo. Più l’uomo è debole e più grande è l’offerta da parte di Dio.
Dall’altra, nella relazione si scopre che Dio è sempre Un oltre. È sempre un di più di quello che l’uomo possa pensare, immaginare o desiderare. Dio si pone sempre al di là. Lui è il Trascendente. Nessun linguaggio potrà mai dire il Tutto di Dio.
Per questo, solo il cammino è l’immagine che meglio indica la vita umana. Non si è mai arrivati e siamo sempre chiamati a incontrarlo continuamente nella storia. Più l’uomo cerca di mettere le mani sulla certezza del vivere e più la vita gli sfugge. Perché? Perché l’uomo in sé non è completo. Ha sempre bisogno di altri. Ma chiunque di questi altri non può mai riempire l’incompletezza di cui siamo fatti. Si può dire che poiché Dio è il trascendente, sempre ci chiama ad andare oltre, per completarci in Lui, anche nei momenti più bui e tormentati della vita.
Ogni risposta razionale, economica, politica o chimica è solo terrena e non può mai riempire l’abisso dell’uomo. Nella fede, Dio si offre all’uomo quale suo completamento, non solo terreno, ma eterno. E questo è amore, e solo Dio è capace di amore poiché è l’Amore.


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Hawking pensiero
Hawking propone un universo senza inizio. Si tratta di un’ipotesi poco fondata ma, a suo dire, promettente, tanto che Hawking scrive.«Poiché esiste la legge di gravità, l’universo può crearsi e si crea dal nulla. La creazione spontanea è il motivo per cui c’è qualcosa anziché nulla, per cui l’universo esiste, per cui noi esistiamo! Non è necessario invocare Dio»«Non abbiamo una risposta definitiva, ma oggi disponiamo di una candidata alla teoria ultima del tutto: la teoria M. Se confermata, sarà… il trionfo della ragione umana. Quanto ad un presunto Creatore del grande disegno, la scienza dimostra che l’universo può crearsi dal nulla sulla base delle leggi della fisica. Non è necessario appellarsi a Dio per accendere la miccia e mettere in moto il processo». (S. Hawking-L. Mlodinow, The Grand Design, 2010).Il concetto, come si vede, non è del tutto logico: si parla di ipotesi, da confermare, ma poi si dà per certo che Dio non sia più necessario.

Reazioni a Hawking
Le due tesi contenute in queste parole (Dio non serve; l’uomo capirà ogni cosa) destano subito delle reazioni: il premio Nobel per la Fisica del 2006, proprio per gli studi sul Big Bang, George Smoot, ha appena scritto nel suo Wrinkles in time, l’esatto contrario; l’amico Roger Penrose (nella foto) nota che la M-teoria “non è nemmeno una teoria, non è scienza ma un insieme di speranze, idee, aspirazioni”.Altri, fisici, astrofisici e filosofi, fanno notare a Hawking che si è dimenticato di spiegare la cosa fondamentale: da dove derivano le “leggi della fisica” che lui stesso pone come condizione necessaria per l’esistenza dell’universo?L’astrofisico Piero Benvenuti, segretario generale dell’Unione Astronomica mondiale, dichiara: «Hawking è un grande scienziato, ma nel suo ultimo libro, Il grande disegno, dice delle enormi sciocchezze filosofiche. Non arriveremo mai ad una teoria del tutto… noi conosciamo solo il 4 o 5% di ciò che esiste… esistono l’“energia oscura” e la “materia oscura” che chiamiamo così perché in verità non sappiamo cosa siano… Tra vent’anni cosa può saltare fuori? È recentissima la scoperta delle onde gravitazionali, che ci porteranno altri elementi. La scienza è un’avventura continua, per fortuna…».
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Chi conosce i pensieri di Dio?
Ogni tre per due questo è il pensiero dei Salmi, ma non solo. Nel 1930, Max Planck, padre della fisica quantistica, premio Nobel per la Fisica, credente, afferma: «Di fronte a Dio tutti gli uomini, anche i più perfetti ed i più geniali… sono creature primitive... e sarebbe temerario ed assurdo tentare di imitare l’occhio divino e di ripensare completamente i pensieri della mente divina. L’intelletto comune dell’uomo non saprebbe comprenderne i profondissimi pensieri neppure se gli venissero comunicati» (M. Planck, La conoscenza del mondo fisico).

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