Motta: Non siamo supereroi

MUSICA di Francesca Binfarè Incontro con Motta Non siamo supereroi Così dice il cantautore reduce da Sanremo. Dove ha presenta...


MUSICA
di Francesca Binfarè

Incontro con Motta
Non siamo supereroi
Così dice il cantautore reduce da Sanremo. Dove ha presentato una canzone che racconta un po’ il nostro Paese, con la consueta sensibilità.

Francesco Motta, per tutti semplicemente Motta, ha la capacità di scrivere canzoni intense. I suoi dischi sono sempre carichi di significato, e lo possiamo dire anche se ne ha pubblicati solamente due. Lui è un cantautore indie, che cioè si colloca in quel mondo musicale che non appartiene alle case discografiche maggiori ma a quelle indipendenti.
Il suo disco di debutto, La fine dei vent’anni, ha vinto la targa Tenco come miglior opera prima, mentre il successivo, Vivere o morire, ha vinto il premio come miglior disco in assoluto, sempre conferito dal Tenco. Per capire meglio, bisogna dire che le Targhe Tenco sono un riconoscimento assegnato dal 1984 ai migliori album italiani di canzone d’autore pubblicati nel corso dell’anno. Motta è quindi molto apprezzato.
Il grande pubblico l’ha sentito intonare, con la sua particolare e personalissima voce, Dov’è l’Italia, che ha presentato all’ultimo Festival di Sanremo, e che non è stata per ora pubblicata all’interno di nessun album, ma solamente come singolo. Questo brano è una riflessione intima di Motta nata dall’urgenza di raccontare il disorientamento di fronte all’attualità del nostro Paese, anche se in alcuni passaggi del testo ne scrive come fosse una storia d’amore.

L’intervista

Di quali argomenti ami parlare nelle tue canzoni?
Di amore, di crescita, dei bivi che la vita ti mette davanti. Esprimo le mie idee.

Partiamo da Vivere o morire, il tuo disco più recente. Come lo definisci?
Un album che parla di momenti difficili ma anche di momenti belli. Oggi sono felice.

Ci presenti Vivere o morire?
Con La fine dei vent’anni ho descritto un bivio, con il secondo disco sono giunto a conclusioni diverse: ero pronto a scegliere quale strada imboccare. Ne ho presa una, e non so se sia stata quella giusta, però ho fatto la mia scelta.
Prima di scrivere questo disco, a un certo punto mi sono fermato e ho osservato quello che avevo fatto. Dopo 100 concerti mi serviva una pausa e questo mi ha dato una consapevolezza diversa. Tra le cose che ho capito, ad esempio, c’è il fatto che in passato non sono stato all’altezza di certe emozioni.

Cosa intendi dire?
Mi riferisco al primo concerto che ho fatto all’Alcatraz di Milano. Non ero pronto, ero stanco alla fine del tour, sono stato eccessivo: rivedendo le registrazioni di quel live, dopo mesi, mi sono detto che non serviva avere quell’approccio.
Io sono orgoglioso di quello che ho fatto dal punto di vista musicale con la band che suona con me, però effettivamente quella sera non ho gestito al meglio le emozioni.

Quando e come sono nate le canzoni di Vivere o morire?
Scrivere non mi diverte, per me è complicatissimo. Questo disco è stato sofferto. In precedenza c’era una confusione ordinata, motivata anche dalla mia ingenuità di cantautore, che penso fosse giustificata vista l’età che avevo.
Questa volta ho scritto un disco estremamente personale, ho scelto di non scendere a compromessi. Io parto sempre da uno spunto emotivo per comporre una canzone, e anche questa volta è stato così. Quando ho finito di scrivere il disco mi sono sentito meglio: tirare fuori tantissimi pensieri aiuta.

Come vedi il tuo appartenere al mondo indie?
Non so cosa dire, per me ci sono canzoni pop belle e canzoni pop meno belle. Ci sono persone che si possono considerare indipendenti e persone che non lo sono, ma in questa divisione la discografia non c’entra.

L’anno scorso dicevi che al Festival di Sanremo ti sarebbe piaciuto andare, ma solamente con una canzone giusta. Dov’è ltalia evidentemente lo era.
Lo è, e in questo momento è anche il mio pezzo preferito. È una canzone importante.

Hai però scelto di non inserirla in una ripubblicazione di Vivere o morire.
Esatto. Era l’unica scelta che potessi fare perché per me ogni disco è un percorso che va da un punto a un altro. Dov’è l’Italia non fa parte del racconto di Vivere o morire. Per ora è un singolo, ma mi piacerebbe che facesse parte del mio prossimo album. Però non lo so, come dicevo dipende dal percorso che prenderanno le nuove canzoni, se c’è coerenza, ci sarà posto anche per questo brano.

Hai già idea di quando pubblicherai il prossimo disco?
No. Il tempo conta, finisci un progetto, passano mesi, cambi sempre. A volte si torna anche indietro. Quindi non so che temi affronterò e quando sarà pronto.

Qual è secondo te il vero fine di una canzone e di un cantautore?
Non lo so, però so che chi scrive canzoni dovrebbe in qualche modo dire la verità.

Che valori dovrebbe diffondere e comunicare la musica?
Valori in generale non saprei, posso però dire quelli in cui credo io. Cerco nella mia musica di non nascondermi dalle mie fragilità. Non siamo dei supereroi, nessuno di noi lo è, tantomeno chi scrive canzoni. Mettere queste debolezze nei testi serve a esorcizzarle.
Per quando riguarda i valori, io parlo anche di amore, quindi di educazione sociale e civile, ma in questo discorso rientrano anche le persone che ho scelto, i miei genitori, c’entrano cose molto importanti.

I tuoi prossimi progetti?
Il tour estivo. Dovrò prepararmi bene anche Dov’è l’Italia, perché la suonerò certamente.

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Premio di qualità

Francesco Motta, toscano, nasce nel 1986. È un cantautore, polistrumentista e compositore di colonne sonore. Ha iniziato a suonare da piccolissimo, grazie al pianoforte che aveva in casa.
Esordisce nel gruppo new wave dei Criminal Jokers come batterista e cantante, con cui incide due cd. Chiusa quell’esperienza, debutta come solista nel 2016 con l’album La Fine dei Vent’Anni, cui fa seguito Vivere o morire.
Nell’ultimo Sanremo ha vinto il premio della Giuria di qualità nella serata dedicata ai duetti per la riproposta di Dov’è l’Italia eseguita in coppia con Nada.

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